Breve storia di un neologismo burocratico in quattro mosse

L’aggettivo ‘unionale’ ha suscitato reazioni contrastate sin dall’inizio.

Uno dei primi a segnalarle fu, nel 2010, il professore padovano Michele A. Cortelazzo, allievo di Pier Vincenzo Mengaldo e sodale di Ivano Paccagnella, con questo intervento “Unione europea: una questione di aggettivi”, sostanzialmente favorevole all’accettazione.

Sul versante opposto trovo questa replica di Natalia Latronico del primo giugno 2015 nella rivista trimestrale Eurojus, che si qualifica come «strumento di conoscenza e di informazione, come di dibattito e di approfondimento, che nasce dalle attività di ricerca condotte nell’ambito del Centro di Eccellenza Jean Monnet presso l’Università degli Studi di Milano, diretto dal Professor Bruno Nascimbene».

Lo ‘sdoganamento’ definitivo arriva il 28 marzo 2017, con questa precisazione del linguista romano Paolo D’Achille, che fornendo la batteria di argomentazioni sin qui a mio giudizio più variegata e dunque migliore, esprime un parere positivo per conto dell’Accademia della Crusca.

Quarto e ultimo passo, compiuto testè dal sottoscritto: scrivere alla redazione della Treccani, segnalando debitamente e compuntamente questi tre articoli (che paiono ignorarsi a vicenda, ma è stato un caso fortunato pescarli così nel maremagno di internet…), affinché provvedano a inserire il lemma nella versione on-line del loro Vocabolario, sulla scorta dello Zingarelli 2016, citato da D’Achille.

Bene, compiuto il mio dovere di bravo ex-lessicografo, non resta che aspettare…

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